Riflessioni sulla Bosnia

 

Mi sono aggregato al gruppo di volontari partecipando all’organizzazione di una manifestazione per la raccolta di fondi, la Pesca di Beneficenza a Chiuro nell’inverno 1996. insolita per me una cosa del genere comunque mi sono divertito molto. Nel Dicembre del 96 la decisione di portare i fondi a Citluk all’orfanotrofio assieme a Lucina. Si parte con la “Fiesta” carica di merce, soprattutto addobbi natalizi, un albero di natale (sintetico in rispetto alla natura) e del materiale scolastico vario assieme alle ultime cose visto che tutti i panettoni, il calcetto e molte altre cose erano già state spedite sfruttando una colonna umanitaria di Bergamo che faceva tappa anche alla nostra meta. Raggiunta Spalato ci rimettiamo in viaggio con un pochino di timore, in fin dei conti la tregua esiste più per i notiziari dei telegiornali. Per ben tre volte siamo fermati dalla polizia che armi in pugno, e vi assicuro che non è come da noi, controllano i documenti e ciò che trasportiamo, mentre all’ultimo un tedesco viene fermato con una raffica di mitra distruggendogli la vettura, quindi c’era “poco da stare allegri”. Passata la frontiera della Bosnia, rinfrancati dalla continua presenza di militari dell’ONU assistiamo con desolazione ai primi paesi deserti molte costruzioni e tutte completamente distrutte, soprattutto bruciate, quale silenzio e desolazione…… Sto scrivendo questa cronaca a distanza di due anni ma i ricordi ormai radicati in me stanno affiorando come se li vivessi in questo istante. A voi che pazientemente leggete queste righe, spero e ne sono sicuro di rendere testimonianza fedele, che forse per presunzione ritengo essere mia ma in realtà è un qualche cosa di superiore che definirei Amore, Bontà, vedete un po’ voi……. Gli “Intrepidi”, scherzosamente definisco, proseguono il viaggio senza intoppi di sorta. ormai giunti alle porte di Citluk finalmente dopo tanto deserto di figure umane (solamente colonne di militari I.F.O.R.) incontriamo le prime case abitate. Lucina riconosce alcuni quartieri e conferma – “La meta è ormai prossima” – Sinistra, destra, sinistra, tra qualche incertezza finalmente ci si trova nel cortile dell’orfanotrofio dedicato al Santo Padre GIOVANNI PAOLO II. nel giro di pochi istanti dagli occhietti curiosi intravisti da alcune finestre ci ritroviamo circondati da un nugolo di “omettini” che festosamente si aggrappano a Lucina chiamandola per nome, meglio che un solito freddo comitato d’onore visto in TV. Sull’uscio Suor Comelia saluta con un caldo sorriso. Dopo il benvenuto e le presentazioni Suor Comelia affettuosamente mi prende sottobraccio e mi accompagna in una stanzetta dove su di un piccolo lettino riposa Anita una bambina di tre anni con un sorriso più grande di lei, e mi racconta brevemente la sua non felice storia, sopravvissuta ad un massacro con altri venti bimbi sopraffatti “scaricandoli” in una diga, annegati….. lei unica superstite tenuta a galla da un corpo senza vita. Ancora non riesco a comprendere quale crudeltà….. lasciata a riposare Anita, Suor Comelia mi dice – Ora ho bisogno di tè per un momento, ti prego vorrei che tu mi aiutassi – Certo, sono qui per questo – rispondo io e mi accompagna in un’altra stanza dove troviamo Wlatcka una graziosa bambina di 9 anni che ancora aveva alcune linee di febbre – Vorrei che tu la convinca a bere lo sciroppo perché sta male ancora – Sciroppo che in realtà altri non è che succo di melograno unico e versatile medicinale che hanno a disposizione (io avevo pensato a due aspirine ma valle a trovare). La suora scambia alcune frasi in croato, per me incomprensibili, con un tono autoritario ma, capisco, dolce. Wlatcka in un primo momento è diffidente poi lentamente si avvicina e mi porge la mano. io la stringo salutandola con un semplice ciao, lei annuisce e si avvicina sempre più fino ad abbracciarmi , delle piccole lacrime solcano il suo innocente viso, e mi stringe sempre più. La Suora mi sussurra in un orecchio – Vedi, il gran bisogno che hanno soprattutto, questi bambini è la presenza di una figura patema, e tu con quel tuo gesto sincero hai infondato protezione nei suoi riguardi, vedrai che se le chiedi di prendere lo sciroppo ti ubbidirà subito. – Di fatti è quel che avvenne con reciproca soddisfazione. Poi ad uno ad uno mi fece conoscere tutti gli altri ospiti, ma ciò che mi restò impresso fu conoscere Zora di 7 anni e Zorane suo fratello di 11 anni – Vedi -disse la Suora – Loro sono qui da soli sette giorni, sono stati “catturati ” in un bosco e da cinque anni che vagano nascondendosi da tutti tra campi e boschi cibandosi di ciò che trovano soprattutto quello che offre la natura per lo più radici – Vidi Zora, una piccola bambina, seduta in un angolino con le spalle al muro come se fosse l’ultimo rifugio possibile, la Suora cercò di tranquillizzarla scandendo le parole con una dolcezza a lei propria, Zora alzò lo sguardo verso di me. mamma mia non ho mai visto un viso così inespres­sivo , lo sguardo era completamente spento. perso nel vuoto non si poteva assolutamente comprendere quale stato d’animo avesse era più espressiva una bambolina, delle più eco-nomiche. La Suora la invitò ad avvicinarsi ma lei non fece una piega allora fui io allungando una mano e posandola sulla sua piccolina testa lasciandola scendere in una carezza sulle sue scarne guance ma lei non ebbe la benché minima reazione. Lasciatela nella sua solitudine spostammo l’attenzione a Zorane. suo fratello, il quale con innocente allegria ed un largo sorriso cominciò a parlarmi e porgermi domande, io non riuscivo a comprendere nulla, la Suora stupita tradusse – 77 chiede come ti chiami e se vuoi essere suo Fratello! Ti vuole fare vedere i suoi giochi, pensa che in tutti questi anni non ne ha mai visti, è la prima volta che vedo una reazione simile. – Zorane di 11 anni è stato costretto a crescere in fretta per via dell’istinto di sopravvivenza accudendo e sfamando la sorellina per tutti questi anni ma contemporaneamente è l’equivalente di un bambino di 6 anni per quanto riguarda il comportamento e l’istruzione… per lui il mondo si è fermato cinque anni fa. Visto che la sorellina si tro­vava in buone mani cominciò a pensare un po’ a se stesso, difatti cercò di stare sempre vicino a me a tavola . gli insegnai con pazienza ad usare le posate e comportarsi un po’ più ordinatamente ma lui molto vitale faceva il capriccioso come i più piccoli. “Riflettete che reazione avrebbe avuto se io avessi usato toni e maniere forti per farlo ubbidire…. ” II giorno dopo nel pomeriggio ci trovavamo tutti nell’aula di ricreazione dove i bambini si divertivano a scrivere e disegnare seguendo le istruzioni di una giovane maestra ospite dell’orfanotrofio (questa parola è tristemente crudele) io facevo loro compagnia approvando con sorrisi, d’altronde era l’unico modo per esprimermi, tutto ciò che disegnavano quando entrò Zora, la osservai sedersi isolata in un tavolino, la maestrina le portò un album ed alcuni pennarelli, li fissò per una decina di minuti poi lentamente ne prese uno e cominciò a tracciare dei segni io mi sedetti vicino e guardandola negli occhi presi a mia volta un pennarello e disegnai un cerchio, premetto che non ho mai avuto esperienza con i bambini quindi mi lasciai guidare dall’istinto, lei cercò di imitare allora io aggiunsi due puntini e un nasino, un sorriso divertito cambiò il suo volto la Suora vista la scena scosse la testa con stupore, il ghiaccio era rotto. Fu allora che mi resi conto che solamente con la bontà e l’umiltà, con gesti semplici e amorevoli si possono incrinare, spaccare gli animi più tristi e sofferenti, la migliore medicina per le persone cariche di odio. sofferenti psicologicamente di esaurimenti è proprio questa. Avrei molto da scrivere in fin dei conti sono stati dieci giorni molto intensi per cui ho cercato e cercherò di riproporre i momenti più significativi. Suor Comelia mi disse – Ci sono questi due bambini che hanno chiesto se puoi dormire con loro, sarebbero molto felici – Volentieri – risposi, pensate, questi due piccoli mi prepararono il letto, mi misero a posto il bagaglio, dopo averlo accuratamente rovistato alla ricerca di qualche cosa di loro interesse, e ordinatamente sistemarono la loro stanzetta con una dignità e accuratezza tipica degli adulti. Ogni mattina questi piccoli si lavano e si cambiano, puliscono il bagno ordinano i letti senza che gli venga detto nulla, vederli con le scope più grandi di loro e con quella collaborazione così ordinata porta ad una riflessione che i piccoli imparano e si lasciano guidare con l’esempio quindi tocca a noi adulti riportarci ad una dimensione moralmente più cristiana lasciando sviluppare in noi quel famoso focolaio d’amore . il futuro è in mano ai giovani certo è vero ma tocca agli adulti dare esempio buono cosa può imparare un piccolo se in un famiglia vi è solo tensione e comportamento immorale, cosa di buono ne potrà trarre? A voi la risposta…… Mi viene in mente un colloquio con Franco D’Aquanno l’artefice di questa struttura, quando mi raccontò della creazione di una casa famiglia in Brasile da lui direttamente seguita, la struttura prevedeva un piccolo laboratorio per l’insegnamento professionale di alcuni lavori di base e cioè l’edilizia,carpenteria, falegnameria, il tutto insomma con rudimentali strumenti di base , ora questa casa è funzionante ed alcuni ragazzi hanno già provveduto a costruirne da soli un’altra ospitando tra l’altro alcuni dei loro increduli genitori perdonandoli, guardate voi il potenziale di questi piccoli se gli vengono dati gli strumenti e la giusta indicazione e soprattutto il termine perdono che esempio danno agli adulti, a coloro che hanno commesso mille angherie, loro mi ripeto che dovevano essere la via maestra. Riflettiamo su questo punto… e cerchiamo di giovarne…Tornando alla cronaca nei giorni che seguirono tutti i bambini volevano la mia presenza nella loro cameretta e quindi ogni notte traslocavo di posto per poter accontentare tutti, intanto Zora migliorava continuamente le si era riaccesa o forse era iniziata da lì una nuova e più felice vita. Zorane era forse più in difficoltà perché in quell’età è più difficile ricolmare gli anni persi al buio. A Lijdia resterà per sempre quella cicatrice di un proiettile che gli ha trapassato il naso ricordo indelebile di quella tragica esecuzione dove persero la vita i suoi genitori. A quella bimba che vide la testa decapitata di suo padre rotolargli davanti calciata da un crudele militare. A Wlatcka, Anita, Danjel, a “sputino”, capirete il perché di questo nomignolo, e via via tutti gli altri. Questi sono i piccoli amici lontani.

 

 un volontario
 

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