Testimonianza Don Mariano

 

PELLEGRINAGGIO A MEDJUGORJE – FESTIVAL DEI GIOVANI
 
Mi è stato chiesto un articolo sul mio pellegrinaggio a Medugorje in occasione dell’annuale Festival dei giovani (2-6 agosto 2004). Ventimila giovani da tutta Europa, con 400 sacerdoti e religiosi, abbiamo formato un’unica assemblea, un unico popolo, un insieme variopinto di mani, di voci, di cuori, di festa. Tutti inseriti nel clima di pace, di serenità, di fraternità che riempie ogni angolo di quella terra benedetta visitata da Maria Regina della pace. Ecco quattro flash che mi hanno colpito.

I sassi. Tanti, troppi, dovunque. Sul Podbrdo, sul Krizevac, in ogni sentiero: bisogna proprio stare attenti a dove si cammina! Li hai sempre davanti agli occhi, al punto che diventano parte di te. E ti fanno venire in mente quei “sassi” ruvidi e penosi che hai dentro di te, fatti di insoddisfazione, di delusione, di dolore, che nessuno magari nota in te guardandoti dall’esterno. Pietre pesanti che sono frutto di anni e anni di lontananza dalla pratica religiosa. Ebbene tutti questi a Medugorje ti cadono a terra, ti fanno libero. E impari ad apprezzare la penitenza, la preghiera , il silenzio, il digiuno, la fatica, l’impegno, la fraternità. L’aiuto materno di Maria ti offre un senso di pace e di verità nel cuore, nella coscienza, nei legami familiari e comunitari. Non hai più bisogno di mentire o di nascondere qualcosa: ti senti amato dalla misericordia di Dio così come sei, e riscopri ciò che davvero vale di più nella tua vita.

La terra. Rossiccia, argillosa, ti si appiccica addosso e non se ne va via. Ti impregna. Ti segna. L’uomo è fatto di terra, di polvere, di fragilità, di debolezza. Quanti giovani pellegrini vedevo percorrere più volte al giorno i sentieri di terra battuta che collegano le diverse frazioni di Medugorje alla chiesa per i vari momenti del Festival! Sotto il sole, pronti a scherzare, ad alzare o stringere le mani al ritmo dei canti, pronti a tacere per ascoltare attentamente le preghiere e le testimonianze, pronti a balzare in piedi e applaudire al grido: “Hallelù – Jah”. Giovani in ginocchio, sulla nuda terra, capaci di mettersi in discussione. Giovani felici, che scoprono di poter fare a meno delle comodità e delle lusinghe della vita abituale. Speranze di un avvenire migliore, in cammino verso quei cieli e terra nuova che Dio promette.

I miracoli. Non si va a Medugorje per vedere segni prodigiosi nel cielo o mirabolanti guarigioni nei malati. Si va per ricevere quello che la Madonna vuole darti: lei sa ciò di cui hai più bisogno. Se cerchi nella direzione giusta, di segni ne scopri tantissimi. Uomini e donne lontani da Dio e dalla chiesa che si sentono spinti a riscoprire la bellezza e la verità della vita cristiana. Giovani che scelgono la vita consacrata o si avviano a formare una famiglia fondata sulla misericordia di Dio e sull’amore al prossimo. Credenti dalla fede abitudinaria e fredda che imparano la preghiera del cuore e il calore fraterno. Persone ripiegate su se stesse che aprono gli occhi ai bisogni degli altri. Mani che al posto di anelli e ori indossano e sgranano rosari. E così via.

Le comunità. Frutto della grazia che è riversata a Medugorje è il sorgere di diverse comunità: quella di suor Elvira (Cenacolo) che ricupera i tossicodipendenti col lavoro e la preghiera, l’Oasi della pace che si dedica all’adorazione e alla contemplazione, e moltissime altre che si occupano di accoglienza, servizio ai poveri, agli orfani, ecc. Ma soprattutto chi passa da Medugorje sperimenta che non si è cristiani singolarmente, ma solo insieme agli altri: tornando a casa, scopri di amare un po’ di più quelle persone, piene di difetti ma anche di speranze, che vivono accanto a te e che magari prima giudicavi. E ti rimbocchi le maniche. E cominci tu a fare il primo passo nella tua parrocchia. Ci si deve accorgere che sei stato a Medugorje per ciò che fai e per come lo fai. Con semplicità e umiltà, ma anche tanta gioia e la voglia di condividerla con tutti. 
 
Don Mariano
 

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